Il Riflesso Della Luna

domenica 26 febbraio 2012

7 Discussioni sul conflitto


Nel nuovo locale, il sergente salutò un gruppo di
amici. Cercai di coinvolgerli nella discussione
riguardante la correttezza di quel conflitto.
Mi feci prendere un po’ la mano e parlai di come,
quando Tito era ancora in vita, le varie etnie convivessero
in pace.
La mia, non era assolutamente una presa di posizione.
Constatare questo semplice fatto è legittimo;
si può anche non essere d’accordo.
Per me era solo una discussione.
Per gli amici del sergente, no.
Iniziarono a guardarmi con la ferocia negli occhi,
e notai qualcuno scaldarsi troppo.
A quel punto il sergente mi accompagnò fuori da
quel luogo e mi ammonì:
«Non devi pronunciare mai più quel nome! Ora,
se non vuoi lasciarci la pelle, ti conviene andartene».
Rimasi sbigottito da come precipitò la situazione.
Non era certo mia intenzione provocare un trambusto
di quella portata.
Mi resi conto che accettare quel consiglio sarebbe
stata la cosa più saggia, e mi avviai sconsolato verso
la stazione.
Troppa gente va in giro, più o meno legittimamente,
armata di tutto punto. Il pericolo era tale, da non
poter essere affrontato con la sola forza della persuasione.
Arrivai così, enormemente deluso, alla biglietteria.
Guardando con sospetto anche l’addetto allo sportello,
comunicai la nuova destinazione:
«Budapest!».

Sposa celeste

Luci ribelli...
mani di fate..
carezzano il velo 
silenzioso e grigio;
sobria e felice 
è la sposa celeste.
Ciò che accade 
nella ruvida nebbia 
non può toccarla..
e si assopisce 
lentamente ...dolcemente

sabato 25 febbraio 2012

6 Una guerra sporca


Aveva ucciso decine di persone, e non sembrava
curarsene molto.
Piuttosto, in certi momenti, non riuscì a nascondere
una certa fierezza nell’aver partecipato ad
annientare i suoi acerrimi nemici.
L’odio che serpeggiava in quella zona era troppo
radicato; non avrei potuto farci niente.
Ebbi la sensazione che quella fosse una guerra
sporca. Più sporca delle altre.
Volli esprimere il mio pensiero, e menzionai le
convenzioni internazionali che, in un conflitto,
andrebbero rispettate. Il mio codice cavalleresco
non riusciva ad accettare, per nessuna ragione,
che si potessero commettere delle atrocità su
gente inerme.
Uscimmo dal locale e, fatti pochi metri, ci infilammo
in un altro ritrovo; l’aria si tagliava a fette,
tanto era pesante.
Sembravano portare tutti un masso sulle spalle.
Dal momento del mio arrivo, non avevo visto una
sola persona sorridere. Questo pensiero riuscì a
rattristarmi.

mercoledì 22 febbraio 2012

5 I cecchini Serbi


«Sono stati i cecchini serbi!», mi disse cambiando
espressione.
Iniziò, con estrema precisione e freddezza, a descrivere
particolari agghiaccianti che ascoltai allibito.
Parlò per tutta la mattina ma, quando il tono del
suo monologo divenne eccessivamente minaccioso,
cercai di distrarlo parlando d’altro.
La sete di verità, però, mi fece tornare di nuovo
sull’argomento.
«Come è possibile uccidere a sangue freddo dei
bambini?», gli chiesi.
«I cecchini di cui tu parli sanno che, un giorno,
quei bambini diverranno i loro nemici, perciò
prima li uccidono, meglio è!», disse con logica
freddezza.
Ci fu un silenzio che durò qualche minuto,
quindi riprese a parlare, elencando i suoi meriti
in battaglia che gli valsero il grado di sergente.
Ascoltai tutto senza interloquire, riflettendo sul
senso di disciplina che avevano da quelle parti.
Senza divisa, avrei giurato trattarsi di un qualunque

bullo di città, con i suoi lunghi capelli e quella
bottiglia, dalla quale sembrava non volersi mai separare.
Ma non era così.

sabato 18 febbraio 2012

4 Decisi di aspettare


Arrivai a Zagabria verso le sei del mattino e trovai
chiuso il tabaccaio, il bar ed il cambiavalute.
Nell' attesa, iniziai a passeggiare nei pressi del

piazzale della stazione.
Dopo averlo percorso decine di volte, dovetti
fermarmi per non insospettire le numerose pattuglie
di milizia presenti nei dintorni.
Decisi di sedermi ed aspettare, guardando oziosamente
il traffico cittadino.
Alle nove, riuscii a cambiare in valuta locale soltanto
centomila lire. Il risultato fu alquanto deludente;
la lira, mi dissero, valeva davvero poco.
Entrando in una paninoteca, fui colpito dalla scontrosità
con cui venni trattato dall’addetta al bancone.
Ogni cosa mi venne servita sgarbatamente, ma
giustificai il tutto con i patimenti subiti a causa del
conflitto.
Fu interessante, invece, fare la conoscenza di un
soldato dell’esercito croato, appena tornato dal
fronte. A differenza della sua connazionale, fu molto
disponibile, invitandomi perfino al suo tavolo.
Dialogammo in lingua inglese, e mi spiegò molte
cose. Vedendolo zoppicare, chiesi cosa gli fosse
successo.

venerdì 17 febbraio 2012

3 L'immagine


Si guardarono e, dopo avermi avvertito del pericolo
presente in alcune zone, se ne andarono
senza dire una parola.
Era passata la mezzanotte; viaggiavo ormai da
dieci ore. La mia unica compagnia, era quel finestrino,
attraverso il quale, alzando gli occhi, mi tuffai
nel cielo stellato.
Quell’immagine parlò al mio cuore:
«Conosci queste stelle e questa luna?».
Era il “mio” cielo quello che vedevo, ed io ero
lo stesso; dunque….forse non c’era nessuna guerra
perché mi trovavo a casa.
Immaginai, per un attimo, che chiunque imbracciasse
un fucile, alzasse gli occhi al cielo ed esclamasse:
«Questa è la nostra casa!».
Fui distratto, poco dopo, dal rumore di un aereo
che mi riportò alla realtà.

2 Viaggiatori


Per ingannare il tempo, mi accinsi, così, a leggere
un libro che interruppi decine di volte.
In alcuni frangenti, fui costretto a dei veri numeri
da circo equestre per lasciar passare viaggiatori
carichi di bagagli.
Bisogna essere pazienti, per leggere in quelle
condizioni.
Dopo due ore di tentativi, decisi di uniformarmi
agli altri passeggeri guardando il paesaggio che
scorreva al di là del finestrino. La destinazione
esatta del mio viaggio era la ex Jugoslavia; biglietto
di sola andata.
In prossimità del confine, il treno si svuotò. Dopo
tanto sacrificio, mi scelsi un comodo posto, e pian
piano mi addormentai. Fui svegliato dai poliziotti
di frontiera che, dopo avermi chiesto i documenti
personali, mi fecero numerose domande. Credo
che li insospettì la motivazione del mio viaggio:
“Turismo”.
In un territorio devastato da anni di guerra, ci si
abitua solo alla presenza di soldati, dottori e giornalisti.
La perquisizione sommaria non diede alcun esito.

1 Ci sono situazioni...

Ci sono situazioni che piombano nella vita in
modo incomprensibile e se ne vanno
quando si è sul punto di decifrarle.
Il motivo per cui decisi di partire verso l'est europeo
nell'estate del 1994 mi è tuttora sconosciuto,
ma gli eventi che seguirono furono tali
da far assumere a tutto il quadro un aspetto
quasi logico.
Spesso ci si interroga sulle motivazioni profonde
dei nostri atti ma, per quanto si possa cercare,
la risposta si avrà col passare del tempo.
Lo spirito che anima l'essere umano sarà
sempre un mistero.
Il mio carattere, però, mi ha sempre spinto ad
andare oltre le apparenze.
Credo che lo spirito di rassegnazione non faccia
parte del mio modo di essere.
Mi ritrovo, così, ad affrontare situazioni ritenute,
da chi mi conosce, estremamente sconvenienti.
Quell'anno sarei partito volentieri con un amico,ma tutti chiesero
la stessa cosa:
A me, che è sempre piaciuto l’imprevisto, non restava
che rispondere: «Guardate, il bello di un viaggio
è non sapere come andrà a finire».
Puntualmente, si intavolavano discussioni sull’opportunità
di cercarsi noie anche in vacanza.
Da parte mia, continuo tuttora a sostenere che
siano le difficoltà a cercare chi è disponibile.
Scelgo, questo si, di non portare con me molto
denaro, ma solo perché ritengo si debbano continuare
a mantenere i ritmi di sempre.
Gli imprevisti, essendo tali, non riescono a preoccuparmi.
Fu così che partii solo, ritrovandomi in un treno
affollato.
Era il 15 agosto, e gli ultimi ritardatari si apprestavano
a raggiungere i luoghi di vacanza.
Il viaggio, estremamente scomodo, migliorò quando
trovai posto lungo il corridoio di un vagone.
Non era certo una sistemazione che permettesse
di rilassarsi.

Introduzione

C'è riluttanza,nell'uomo comune, a proporre sé stesso;
preferisce accettare un modello preconfezionato ed anonimo.
Nella moltitudine si sente al sicuro ma, in fondo,vorrebbe
creare qualcosa di cui sentirsi fiero.
Ripetere quotidianamente le stesse azioni, diviene per tutti
un vero e proprio rito con cui scacciare la paura di perdersi.
Osservando, però, le piccole azioni che si intraprendono
controcorrente, si nota che contengono un moto di
irriverenza per le convenzioni in atto.
Varcando la porta dell'ignoto, potremo incontrare ciò
che abbiamo da sempre cercato: la più bella immagine
di noi stessi.
Liberi dalla folla dei nostri pensieri, riusciremo a
riallacciare più agevolmente il contatto prezioso con
il grande sé.
Ciò che credevamo possibile.... è già nostro.
Si scopre, poi, di trovarsi nella grande gabbia di cristallo;
le vie d'uscita si apriranno solo risolvendo alcuni enigmi.
Riconoscere che ogni cosa ne contiene un'altra è il
primo passo.
Questa consapevolezza, porta alcuni verso la rassegnazione,
altri verso l'umiltà.

giovedì 9 febbraio 2012

Il tempo è galantuomo?

Chissà...negare però sentimenti contrastanti
e frustranti non porta lontano.
Se, ad esempio, trattiamo la sofferenza
(sia fisica che mentale), ci si dirige
inevitabilmente verso percorsi ostili
ed insidiosi. Gli anni della giovinezza ci danzano
davanti agli occhi come se assistessimo
ad uno spettacolo teatrale.
La sensazione, a volte,
è che si burlino di noi.
Mahh.. è solo una sensazione...o no?

meteo Città di Fermo