Il Riflesso Della Luna

lunedì 17 settembre 2012

55 EPILOGO


Il giorno successivo, passai tutto il pomeriggio
in un rudere che fa parte dei miei luoghi d’introspezione;
lì la storia è ancora viva.
Il tramonto, colorò di un rosso fuoco ogni
singola pietra, ed ebbi la sensazione di trovarmi
al centro di una festa dall’antico sapore.
Percepii la spensieratezza di un paese che, con
canti e balli voleva, per un giorno, disertare la
malinconia dell’incessante lotta per l’esistenza.
Era, nel frattempo, calata la notte, ed i contorni
frammentati della rocca, divennero d’argento.
Fu allora che, alzando gli occhi al cielo, ritrovai
la compagnia della luna.
Tutto il viaggio, in un istante, assunse un nuovo
significato.
I cicli che si ripetono, la pienezza, il vuoto.
Forse anche noi, come la luna, svaniamo per
apparire di nuovo, senza una ragione,
solo per “brillare”.

giovedì 13 settembre 2012

54 Igor


Sai, prima di partire ero davvero in collera
con te, ma ora sono felice che tutto sia tornato al
giusto posto».
«Come sapevi che ero riuscito a neutralizzare il
patto?», gli chiesi.
«Mi apparve in sogno, qualche giorno fa, mio
nonno Igor, che sostenne di esser stato liberato da
due italiani. Aggiunse che non lo avrei più rivisto
perché la sua essenza sarebbe svanita nel cosmo.
Capii subito trattarsi di te e di quella p…!!!».
«Ehi, calmati!!! Il tuo, è un atteggiamento infantile.
Dovresti ringraziarla, piuttosto; senza di lei
saremmo ancora schiavi di qualcosa che è, e sarà
sempre, contro l’ordine naturale.
Ogni cosa deve finire il suo corso, senza scorrettezze
dettate da stupidi interessi egoistici».
Fui molto duro con lui, ma capì di aver sbagliato
e si scusò.
Giungemmo, poco dopo, nel parcheggio dove avevo
lasciato l’auto.
Prima di separarci, ci stringemmo la mano
amichevolmente.
A distanza di tempo, mi accorgo che la miglior
definizione, per ciò di cui fummo protagonisti,
sia “viaggio attraverso l’essere”.
Mentre, però, ci si accinge ad una descrizione
razionale dei fatti, si resta al buio, quando si
tenta di comprendere ciò che li ha originati.

venerdì 7 settembre 2012

53 Partirò stanotte


Quando ebbi terminato, mi disse di aver capito di
esser stato un’egoista.
«Boris, devi solo dirmi perché hai costruito quella
montatura riguardo la nostra parentela».
«Sai benissimo che, altrimenti, non mi avresti mai
dato la metà del medaglione», mi rispose.
«Lo avevo immaginato».
Volevo fargli conoscere la mia terra, così visitammo
alcuni luoghi caratteristici. Non poteva
certo mancare un’escursione sugli Appennini.
Quei luoghi hanno sempre avuto, per un solitario
come me, un fascino particolare.
Cenammo in un ristorantino, dove tutto sembrò
di una perfetta genuinità.
Completamente soddisfatti, riprendemmo la via
di casa.
«Partirò stanotte», disse Boris.
«Se vuoi restare, sarò ben felice di ospitarti».
«Ti ringrazio ma ho, a casa, qualcuno che mi aspetta.

venerdì 31 agosto 2012

52 Una sagoma scura


“E’ un gioco …incredibilmente serio”, pensai,
“non si possono lasciare cose in sospeso”.
Mi distesi sulla sabbia, tuffandomi nel cielo.
Sentii che stava per arrivare una novità.
Quella sensazione divenne una certezza.
Una sagoma scura avanzò verso di me, e credet-.
ti di averne riconosciuto il passo.
A pochi metri, ebbi la conferma di non essermi
sbagliato.
«Bentrovato, mio caro scrittore!», disse sarcasticamente
l’uomo.
«Ma…non può essere!!!», esclamai sbigottito.
«Ed invece, sì!»
«Lei è…Boris! Cosa ci fa qui?», chiesi non contenendo
lo stupore.
«Non crede di dovermi fornire delle spiegazioni?».
«Per cosa?»
«Non faccia finta di nulla. Si alzi e mi descriva
minuziosamente tutti i dettagli della storia».
Passeggiammo in riva al mare per lungo tempo,
e Boris intervenne raramente.
Credo non s’aspettasse esattamente ciò che stavo
raccontandogli.

domenica 19 agosto 2012

51 Palcoscenico naturale


Guardando il mare in lontananza, si scorgono
nubi timidamente affacciarsi su di esso.
L’orizzonte diviene un palcoscenico naturale, sul
quale, il “teatro delle nuvole”, offre uno spettacolo
eccelso.
Il gioco delle forme è “vera” comunicazione;
non c’è il rischio di essere fraintesi.
Ero giunto in riva al mare, spinto dall’abituale esigenza
di nutrirmi con bellezze naturali.
Quel maestoso spettacolo fu una manifestazione
di enorme potenza.
Alla base del sogno dell’esistenza, intravidi ciò
che muoveva i fili. Nulla poteva fermarsi; solo
quello era il motivo dominante.
Ricordai i messaggi del medaglione: “…non
cercare scavando…”.
E’ vero, non c’è spiegazione; solo l’eterno riflettersi
della forma primordiale.
Tacere, molte volte, è d’obbligo.
Arriva l’attimo in cui la bellezza vuol prenderci
tra le sue braccia, per cullarci dolcemente.

venerdì 17 agosto 2012

50 Autentico sollievo


Mi capita, a volte, di essere preso per mano, e guidato
dalla gioia verso sentieri più spensierati.
Quando succede, il sollievo è autentico e
ritemprante.
La vita sembra dire: «Lascia tutto e seguimi!».
Certo, bisogna avere orecchie attente per ascoltare
la sua flebile voce.
Il richiamo che emette, lascia trasparire la sua più
grande debolezza: concedersi solo a chi la desidera
ardentemente.
Permettendo che si penetri l’inconoscibile, solleva
l’oscuro velo della sofferenza umana.
L’unico rischio che si corre, scegliendo la gioia, è
di esserne travolti.
L’annuncio di novità iperboliche, libera l’ancora
incagliata, e dona un lieve sorriso che portiamo in
offerta all’alba.
Gli eventi, così, fluiscono navigando con sorprendente
puntualità, su rotte già conosciute.

sabato 11 agosto 2012

49 Rincorro sempre qualcosa


«Non è possibile tenere tutto sotto controllo!»,
riprese l’uomo.
«Un giorno la sua attesa terminerà, e non avrà più
l’esigenza di cancellare i suoi atti», gli dissi.
«Rincorro sempre qualcosa, senza riuscire mai ad
afferrarla!», affermò disperato.
«Dimenticare se stessi è l’unico modo di partire.
Rimpiangere il tempo perduto fa solo indietreggiare
».
«Forse ha ragione lei, ma ho difficoltà a metterlo
in pratica», disse l’uomo.
«A volte, lasciarsi andare, riesce a porci nella
condizione di accogliere energie superiori. Il coraggio,
trae forza dalla nobiltà d’animo e ci innalza
al di sopra delle parti. Si possono compiere imprese
straordinarie, sfidando ciò che si intravede
tra le mura protette del nostro castello interiore».
L’uomo ascoltò attentamente, ma immaginai di
non esser riuscito ad aiutarlo molto.
Arrivando in officina mi ringraziò infinitamente
del passaggio, facendo un buffo inchino.
Ripresi il viaggio verso casa, interrogandomi sul
perché di quegli incontri così bizzarri.
Quella sera, preparandomi per la notte, una
frase mi attraversò la mente:
“Placando le alte onde del desiderio,
possiamo navigare senza remi;
tutto è solo un pensiero”.

martedì 7 agosto 2012

48 Combattere le ossessioni


«La prego, entri pure; l’accompagno volentieri in
un’auto officina a pochi chilometri da qui».
«Lei è davvero gentile», mi disse l’uomo accomodandosi.
Iniziammo a dialogare e, nel piccolo tratto di
strada che percorremmo insieme, toccammo
argomenti interessanti. Mi colpirono, però, i suoi
numerosi tic nervosi.
Iniziò parlando della sua famiglia; confessò di
essere ossessionato dalla paura di perdere le perso- ne care.
La sua, non era una semplice “umana” preoccupazione.
Quando pronunciava il nome di sua moglie e dei
suoi figli, iniziava a tremare lievemente in un modo
che riuscì a preoccuparmi.
Mi raccontò di aver dedicato interi anni a combattere
queste ossessioni, senza ottenere alcun risultato.
«Sono inspiegabilmente troppo debole», mi disse.
Mi limitai ad ascoltare, pensando che avesse bisogno
di sfogarsi.

venerdì 3 agosto 2012

47 L'antica formula


L’antica formula funzionò, e lei, con un urlo da
brivido, svanì insieme alla visione.
Aprii gli occhi e, guardandomi intorno, vidi il
signor Sandro fissarmi commosso.
«Non so come ringraziarti!», bisbigliò.
«Non devi farlo», risposi alzandomi dalla poltrona.
Volevo lasciarlo solo e, dopo avergli dato una
pacca sulla spalla, me ne andai.
Tornando a casa, un uomo, lungo la strada,
fece cenno di fermarmi; sembrava avere l’auto
in panne. Alto, capelli brizzolati, con barba ben
curata ed un aspetto signorile, si presentò come
il professor Riccardo Terzi.
«Cosa è successo alla vostra auto?», chiesi.
«Sembra non voler più proseguire».
«Siete stato fortunato ad incontrarmi. In questa
strada transita davvero poca gente».
«Avete ragione; è un’ora che aspetto di veder
passare anima viva».

domenica 29 luglio 2012

46 Lo specchio


Avvicinandomi, notai che lo specchio non rifletteva
la sua immagine. Scorrevano, piuttosto, scene
di vita che, evidentemente, appartenevano al
signor Sandro.
La donna, che era stata un’amica di famiglia, nonostante
fosse sposata, ebbe una “particolare” relazione
con lui quando era ancora un’adolescente.
Vidi il ragazzo, come ipnotizzato, rispondere ciecamente
ai suoi comandi.
Ammaliò il giovane per lungo tempo, stravolgendone
la debole mente.
Lo specchio tornò a riflettere nuovamente l’immagine
di Daria.
Indignato, mi voltai verso di lei ma, intanto, la
sua espressione era notevolmente cambiata.
Con un ghigno diabolico ed occhi fiammeggianti,
mi lanciò contro numerosi anatemi.
Sviai lo sguardo e, raccogliendo tutta l’energia di
cui disponevo, pronunciai:
“Rubino ammirevole, circonda colei che non prova
pietà, congela il suo istinto e specchiarsi dovrà!”.

venerdì 27 luglio 2012

45 Daria


«No. Al massimo compio delle rabbiose stranezze.
Neanche la mia famiglia ne sa nulla».
Poco dopo, disse di avere la necessità di riposarsi
per via di un’improvvisa vertigine; si distese sul
letto e, stranamente, si addormentò.
Iniziai a riflettere su ciò che mi aveva appena detto,
e rividi nuovamente la scena del granaio.
«Vorrei tanto sapere chi è la Daria che menzionava
ossessionato quella sera», pensai.
Nel frattempo spostai una poltrona al suo fianco e
mi accomodai. Il quesito aveva aperto un varco in
me e, chiudendo gli occhi, ripetei più volte quel
nome: «Daria…Daria…indica la congiunzione
che porta a te!».
Il tentativo riuscì e, lentamente, un’immagine
prese forma nella mia mente. Una donna, di spalle,
era intenta a truccarsi il viso.
Indossava un domino, ed era circondata da centinaia
di rose rosse. Sulla spalla sinistra, un falco
quasi immobile, conferiva a tutta la scena un
aspetto davvero suggestivo.
«Sei tu…Daria?», chiesi.
Voltandosi, mi sorrise candidamente.

lunedì 23 luglio 2012

44 Attimi interminabili


«Come mai da queste parti?», chiese meravigliato.
«Ho qualcosa di importante da dirti».
«Che ne dici se entriamo in casa e ci mettiamo
comodi?», disse gentilmente.
Fui sul punto di riferirgli ciò che vidi quella notte
nel granaio, quando esitai per attimi che parvero
interminabili. Avevo, in quell’occasione, chiaramente
violato la sua vita privata; il pensiero di
essermi appostato dietro quella porta mi causava
un notevole disagio.
Infine vinsi le mie resistenze ed iniziai.
«Ho assistito, casualmente, la notte in cui pernottammo
qui da voi, ad una stranezza sulla quale,
se a te non dispiace, vorrei far luce».
«Ho immaginato che qualcuno mi avesse visto,
dalla fretta con cui siete partiti il giorno dopo»,
disse il signor Sandro.
«Dunque?», chiesi esortandolo a continuare.
«Mi capita, a volte, di non essere più me stesso;
quando succede, difficilmente riesco ad opporre
resistenza alla forza che mi guida».
«Hai fatto del male a qualcuno in quello stato?».

giovedì 19 luglio 2012

43 Dovrò fermarlo


L’ultima esperienza fu davvero spossante.
Alcuni giorni di calma assoluta, però, riuscirono
a rinvigorirmi totalmente.
Mi venne in mente che, con Marco e Sibilla, eravamo
letteralmente “fuggiti” dalla casa del
signor Sandro.
Ciò che fece quella sera, tenendo in mano la “sua”
bambola di pezza, era ancora un enigma.
Sentii che, essendo ora reduce da battaglie ben più
difficili, avrei potuto affrontare anche lui.
«Se è davvero in grado di far del male a qualcuno»,
pensai, «dovrò fermarlo; se invece fallisse, parlarci
sarà sicuramente un ottima cosa. Lo convincerò ad
aprirmi il suo cuore, lasciando disperdere il veleno
che, certamente, non gli sta dando pace».
Misi in moto la mia automobile e, partendo, cercai
di ricordare la strada che percorremmo quella volta,
con i due amici romani.
Impiegai tutto il giorno per trovarla.
Poco lontano da casa, vidi il signor Sandro impegnato
a lavorare la sua terra.

martedì 17 luglio 2012

42 Liberi


Ci sentimmo, di colpo, trasportati altrove; lentamente,
subentrò un intorpidimento della coscienza.
Aprimmo gli occhi, ritrovandoci sul pavimento di
casa mia.
«Fai attenzione ora», disse Layla, «devo togliere
le pietre dal sacro cerchio, dopo di che, potremo
uscire».
Lentamente le ripose nella sua borsa ed esclamò:
«Liberi!».
Sprizzavamo gioia da tutti i pori. Avevamo vinto
una dura battaglia dentro di noi.
«Un ultima cosa», le dissi, «come mai, mio nonno,
non era lì con loro?».
«Per lui fu solo un’avventura ; non amò mia madre
veramente».
«Capisco».
«Beh…credo sia giunta l’ora di riposare», le dissi.
«Sono d’accordo; andrò a casa e farò una lunga
dormita».
Le aprii la porta d’ingresso e ci salutammo.
La osservai mentre s’allontanava, e l’accompagnai
con lo sguardo.

mercoledì 11 luglio 2012

41 Esseri luminosi


Layla stava complimentandosi per la velocità con
cui mi ero sbarazzato dell’ultima noia, quando mi
fece cenno di guardare di fronte a noi.
C’erano due persone, un uomo ed una donna, che
ci salutarono.
«Chi sono?», domandai.
«Mamma!», esclamò Layla trattenendo a stento
la commozione.
Erano due esseri luminosi, con sembianze umane.
«Marisa ed Igor», pensai.
«Vieni qui, figlia mia», disse la donna.
«Vieni anche tu», aggiunse rivolgendosi a me.
Andammo verso di loro e ci abbracciarono.
«Siete stati molto abili nel superare le prove»,
continuò la donna.
Non abbiamo molto tempo, per cui teniamoci
per mano; noi quattro scioglieremo il patto.
Pronunciò una frase a bassa voce, quindi aggiunse:
«Spezzatevi, catene dell’oblìo,
disperdetevi nell’amore, e
riflettete l’immagine della luna».

sabato 7 luglio 2012

40 I quattro elementi


Decidemmo, quindi, di scendere in picchiata atterrando
su di un albero. Individuata la luce
d’origine la seguimmo, trovandoci per l’ennesima
volta nella stanza circolare.
«Layla, hai notato di aver superato tre elementi
naturali?».
«Già. Ora, finalmente, incontreremo l’ultimo».
L’ultima porta si aprì da sola, e noi, un po’ esitanti,
entrammo.
Lo spettacolo al quale assistemmo fu sublime.
Un’enorme luna piena illuminava a giorno tutto
il paesaggio.
Iniziammo a camminare lungo la riva di un ruscello
che, per effetto ottico, sembrava condurre
ad essa. Le dimensioni del corso d’acqua erano tali,
da non preoccupare chiunque avesse voluto attraversarlo;
c’erano solo alcuni centimetri d’acqua.
Pensando di aver terminato le prove, ci dirigemmo
verso l’altra sponda, ma, a metà percorso, un
fiume in piena ci trascinò via.
Con acque così minacciose rischiammo di affogare,
ma stavolta guardai la luna e tutto si placò.

martedì 3 luglio 2012

39 La terza porta


«Ricorda», mi disse, «tu hai causato tutto ciò e tu
devi vincere».
Capii come le visioni facessero presa su di me, ed
il ruolo neutro di Layla che, scegliendo volontariamente
di seguirmi, era di grande importanza per
distogliermi dalle illusioni.
Camminammo a lungo, ed alla fine ci trovammo
nuovamente all’interno della stanza circolare.
«Vorrei prendere fiato», le dissi.
«Anch’io, ma non abbiamo molto tempo».
Aprimmo dunque la terza porta e, fatto qualche
metro, fummo sospinti in aria da una poderosa
corrente ascensionale che ci lasciò senza respiro.
Incapaci di ordinare i pensieri , ci sentimmo come
dei fuscelli; quella forza avrebbe potuto trasportarci
ovunque, ma ricordai di cercare la luce e la
furia si placò.
Ci trovammo, così, a volteggiare beatamente nel
cielo limpido.
Il premio di quella prova fu stupendo.
Volammo a lungo, divertendoci come non mai
sulla terra.

sabato 30 giugno 2012

38 Avevo il cuore in gola


Capii trattarsi del gesto compiuto a Budapest.
Ci avventurammo su di un terreno roccioso, che
divenne un sentiero di montagna.
Osservai in alto, e vidi staccarsi dal costone alcuni
massi. Urlai a Layla di mettersi al riparo e, vedendo
nelle vicinanze uno spuntone di roccia che faceva
al caso nostro, ci infilammo lì sotto.
Si scatenò un’enorme frana che bloccò l’uscita.
Mentre cercavamo di sincerarci a vicenda sulle
nostre condizioni di salute, sentimmo la terra tremare.
Qualche attimo dopo, si aprì una voragine nella
quale precipitammo. Sembrò di essersi gettati da
un aereo senza paracadute .
Mentre volavamo giù a velocità vertiginosa,
Layla
mi urlò di trovare la luce d’origine davanti a me.
Avevo il cuore in gola, quando vidi brillare la luce;
mi concentrai, immaginando la terra ferma, ed
immediatamente ci trovammo a passeggiare lungo
il sentiero.
«Bravo!», esclamò Layla, «era ora; non avrei resistito
a lungo».

giovedì 21 giugno 2012

36 "Fasi lunari diverse"


Su ognuna di esse, un fascio di luce proiettava le
fasi lunari.
Dopo aver indugiato qualche attimo, Layla aprì
la porta del primo “quarto” e mi esortò a seguirla.
Appena varcata la soglia, la porta alle nostre
spalle si chiuse da sé.
Ci guardammo perplessi, decidendo comunque
di proseguire.
Mi resi conto di camminare su di un soffice manto
erboso che, fissandolo, cambiò pian piano colore.
Divenne sempre più scuro, ed infine si seccò.
Non feci in tempo a stupirmi, che cominciò a prendere
fuoco.
Iniziai a correre vedendo le fiamme più alte di noi.
Layla mi urlò più volte di fermarmi ma ci riuscii
solo quando calmai la mente.
«Cosa hai visto?», mi chiese con aria smarrita.
«Il fuoco», risposi deciso, «cos’altro?».
«Non c’è nessun fuoco!».
«Ma io l’ho visto chiaramente; ci avrebbe bruciato
entrambi».
«No, Walter, era un’illusione!», disse seccamente.
Mi voltai e vidi il prato verde.

domenica 17 giugno 2012

37 La luce d'origine


Layla s’incamminò davanti a me, esortandomi a
non perdere di vista la luce d’origine.
Giungemmo ad un cunicolo che, man mano che
procedemmo, divenne sempre più piccolo.
Negli ultimi metri, fummo obbligati a tenere la testa
chinata. Il caldo era insopportabile e sperai che quel
percorso fosse prossimo alla fine.
Scorgemmo, qualche metro più avanti, una porta
che ci impegnammo a raggiungere al più presto.
L’aprimmo e, con immenso stupore, ci ritrovammo
nella stanza circolare.
«Layla, siamo tornati al punto di partenza!».
«Questo è un bene; significa che abbiamo superato
la prova», mi rispose soddisfatta.
«Grazie al tuo aiuto ho potuto bloccare le trappole
mentali», le dissi.
«Dobbiamo superarle tutte per riuscire a trovare
l’uscita», mi avvertì.
«Non abbiamo scelta, non è così?», le chiesi.
«Già».
Aprimmo la porta della mezzaluna e, la prima cosa
che vidi, fu una proiezione sospesa a mezz’aria
di due mani che spezzano un oggetto.

venerdì 15 giugno 2012

35 Cosa stiamo cercando?


La costruzione, in stile gotico, era davvero inquietante.
«Layla, cosa stiamo cercando effettivamente?»
«Il posto dove si incontravano i due amanti».
Visitammo tutte le stanze senza successo.
Indecisa sul da farsi, Layla si fermò a pensare.
Dopo alcuni istanti, vidi i suoi occhi illumunarsi.
«Ho capito dove…di sopra!».
Iniziò così a cercare, osservando minuziosamente
il soffitto, il passaggio nascosto.
«Quel gancio…debbo arrivarci!»
Spostammo un vecchio mobile e, salendoci sopra,
riuscì a togliere il fermo.
Venne giù, aprendosi a libretto, una vecchia scala che,
toccando terra, sollevò un’enorme quantità di
polvere.
«La stanza è di sopra, andiamo!», disse Layla.
Salimmo con cautela gli scalini, sperando che reggessero
il nostro peso. Giunti finalmente nella stanza,
rimasi colpito dalla sua forma circolare.
C’erano quattro porte, situate ad equidistanza tra
loro.

lunedì 11 giugno 2012

34 Il grande labirinto


«Come è stato possibile?», chiesi sconvolto.
«Le dimensioni si intrecciano tra loro formando
un grande labirinto; in esso è facile perdersi, smarrendo
così la ragione».
Il suo ammonimento fu dettato, pensai, da una seria
preoccupazione.
Decisi, perciò, di stare più attento.
«Ti ricordi quando ti parlai della luce d’origine?»,
mi disse Layla riprendendo a camminare.
«Ehm…sì, ora ricordo».
«Beh, dobbiamo seguirne il suo lieve bagliore», affermò
indicando davanti a sé.
Finalmente la notai all’orizzonte, appena distinguibile.
Fu la nostra bussola.
Arrivammo, così, di fronte ad una strana e lugubre
casa.
«Ma che razza di posto è mai questo?», domandai.
«La riconosco; era la dimora di mia madre ai tempi
del suo amore per Igor. Questa è la casa del patto».
«Dovremmo andare lì dentro?», chiesi preoccupato.
«Non abbiamo scelta».
Entrammo dalla porta principale e, per la prima
volta, vidi Layla manifestare una certa tensione.

giovedì 7 giugno 2012

33 La luce è in te


Entrai in un vortice che iniziò a girare a folle velocità.
Immaginai di non riuscire a sopravvivere
ad una tale forza.
Persi conoscenza.
Buio… silenzio.
Giunto in un ambiente quieto, mi ripresi; non
riuscii comunque a distinguere il limite della mia forma.
Udii sussurrare delle parole somiglianti
a note musicali.
«La luce è in te!».
Ebbi la certezza di essere giunto nella terra
della sublime armonia.
«Chi sei tu, gentile creatura?», domandai.
«Guardami!», mi rispose.
La osservai attentamente, e vidi in un grande specchio
la mia immagine riflessa.
Sentii chiamarmi da lontano.
«Walter, sono Layla. Torna qui o ti smarrirai
nell’infinito sentiero!».
«Layla…dove sono?».
«Ti avevo detto di starmi dietro! Siamo già in una
dimensione pericolosa; non cercare altri problemi».

domenica 3 giugno 2012

32 Il bianco fiore


Entrai in un’atmosfera nuova.
Il bianco fiore
La luce era di un colore che acquietava.
Una montagna diamantina si ergeva dinanzi a me.
Lontane melodie crearono pensieri fuori da ogni
possibile controllo.
«Troverò il bianco fiore che conduce alla purezza
tranquilla!», mi sorpresi a pensare.
Continuando ad avanzare verso la maestosa montagna,
vidi posarsi sul ramo di un albero un grande
uccello, che sembrò parlarmi.
«L’essenza dell’amore, tiene le briglie del cavallo
che voi chiamate vita».
Incredulo, avanzai verso la creatura, che immediatamente
scomparve.
Una pioggia brillante illuminò il mio cammino.
Rovesciando la clessidra della vita, capii l’importanza
di quella esperienza.
Mi trovai, così, nella terra d’alabastro.
Osservai il mio corpo, divenuto trasparente, illuminarsi
dall’interno.
L’effetto fu meraviglioso.
Tutto era in movimento. Ciò che appariva fermo,
in realtà, si muoveva solo più lentamente.
Su tutto il corpo, predominava il rosso cuore che
scandiva il ritmo della vita.
Riapparve il grande volatile, che teneva con il
becco un messaggio; lo aprii e lo fissai.
Era un fotogramma della mia vita.
Improvvisamente, qualcosa mi afferrò, trascinandomi
in esso.
Mi ritrovai in un luogo familiare; riconobbi i sapori
ed i visi della mia infanzia.
Osservando le enormi dimensioni dei mobili, capii
di essere piccolo…piccolo.
Ero tornato bambino. Tutto era di una naturalezza
sconvolgente.
Niente poteva essere previsto; ogni cosa era nuova.
«Chi sei… chi sono?», mi domandai.
Piansi. L’unico modo di comunicare che sarebbe
stato sicuramente compreso.
«Vuoi andare oltre?», disse una voce imponente.
Feci cenno di sì.

martedì 29 maggio 2012

31 Il "Sacro cerchio"


Tirò fuori dalla borsa alcuni oggetti, che dispose
in cerchio sul pavimento. C’erano pietre colorate,
candele e dell’incenso profumato.
Stava preparando ciò che definì “Il sacro cerchio”.
Quando ebbe terminato, mi invitò ad entrarci con
lei ed a distendermi in terra.
Con gli occhi al soffitto, attesi istruzioni.
«Ciò che vedremo, non dovrà mai indurci ad uscire
fuori da questi limiti», raccomandò Layla.
Detto ciò, iniziò a pronunciare formule a me sconosciute
e, con la sola luce delle candele, entrammo
in una speciale meditazione.
Fu come un risveglio altrove.
Scoprii che potevamo comunicare con la sola forza
del pensiero.
Era sublime la sensazione che si provava fuori
dal corpo.
«Seguimi e cerca di risparmiare l’energia mentale
», fu la direttiva di Layla.
La superficie su cui camminavamo rifletteva le
nostre immagini, come una lastra d’argento tirata
a lucido.
Mi fermai affascinato.
Chinandomi, osservai attentamente il mio viso.
«Di chi è veramente quest’immagine?», pensai.
Mi sentii come chi, indossando una maschera, sa
che il suo specchio non lo riconoscerà.
Stropicciando gli occhi per riappropriarmi della
situazione, tornai a guardare la superficie sotto
di me.

giovedì 24 maggio 2012

30 Ottimi amici


Una telecamera riprendeva chi vi passava di fronte.
Quando casualmente guardai il monitor, vidi
la mia immagine affiancata da quella di una ragazza
che esclamò: «Guarda, siamo in televisione!
».
La battuta fece sorridere entrambi, permettendoci
di far subito conoscenza.
Da quel giorno ci incontrammo spesso, divenendo,
pian piano, ottimi amici.
Riuscivamo a confidarci, in modo naturale, segreti
che non avevamo mai svelato a nessuno.
Il giorno che mi regalò il medaglione disse:
«So che questo ciondolo ti piace; consideralo un
atto di stima nei tuoi confronti».
«Bene, ora che ho soddisfatto la mia curiosità, voglio
terminare il lavoro per il quale sono venuta fin qui»,
disse Layla.
«Certo…pensare che Livia sia mia cugina mi
disorienta un po’. Sono contento di essere stato
per lei solo un buon amico».

domenica 20 maggio 2012

29 Livia


«Già. Lei ti ha regalato quel medaglione non credendolo
importante; ora dovremo porre rimedio alla
sua leggerezza».
Continuò sostenendo che annullare il patto fosse la
nostra unica possibilità.
«Prima, però, devi raccontarmi come hai conosciuto
Livia».
Avevo fatto la sua conoscenza a Londra.
In quel periodo, amavo tuffarmi nel caos cittadino,
alternandolo a periodi di tranquillità. Riuscivo, così,
ad apprezzare entrambi.
Livia era una ragazza minuta, davvero esuberante;
i suoi rapporti di lavoro, non duravano più di una
settimana. Nonostante ciò, la sua caparbietà le
permetteva di ottenere sempre ciò che si era prefissa.
Era solita dirmi: «Cambierò il mio destino!».
Il suo anticonformismo era affiancato dalla passione
per “Mozart”. La sentivo spesso fischiettare alcune
frasi musicali della “Serenata notturna in re
maggiore K239.
La incontrai, la prima volta, in uno dei numerosi
negozi della centralissima Oxford street.

giovedì 17 maggio 2012

28 Negatività permanente


«Aspetta un attimo», la interruppi.
«Boris, a Budapest, mi ha detto che suo padre era
il figlio di Igor e Marisa».
«Ti ha mentito», riprese Layla, «Voleva la sua
parte del medaglione che sapeva esser carico
d’energia. Non credo, però, che ora gli servirà a
molto; le due parti, una volta staccate, hanno
un’impennata energetica che, successivamente, si
spegne per lasciar spazio ad .una negatività permanente.
Ora che hai gettato via la tua,
non c’è più possibilità di far tornare le cose come
prima».
Layla riprese il racconto, affermando che il medaglione
le fu donato da sua madre, poco prima di
morire.
Lei, a sua volta, lo diede alla figlia quando seppe
di essere affetta da una grave malattia.
Precisò che, se entro sette generazioni il destino
non si fosse compiuto, il patto sarebbe stato nullo.
L’aver gettato via la mia metà fu un fatto con delle
conseguenze imprevedibili.
«Tua figlia allora è…Livia, ma certo!».
Mi venne in mente, per un attimo, il suo viso fiero.

venerdì 11 maggio 2012

27 Strane formule antiche


«Parlami del medaglione», le dissi incuriosito.
«Fa parte del patto che Igor fece con mia madre.
Sai, lei era una medium, e conosceva strane formule
antiche. A patto completato, giurò che avrebbe
portato al collo quell’oggetto fino alla morte.
Le cose, però, andarono diversamente.
Quando Igor morì, lei andò in Ungheria per partecipare
all’estremo saluto; conobbe la moglie ed i figli di
quello che aveva creduto essere l’uomo della sua vita.
Si sentì tradita, e volle disfarsi del medaglione,
considerando nullo il patto.
La loro promessa d’amore non era, però, un semplice
accordo. Lei, profondamente, lo amava ancora,
e capì che, in virtù della grande passione trasferita
sull’oggetto, un giorno qualcuno dei suoi discendenti
si sarebbe innamorato di un discendente
di Igor. Mia madre non aveva ancora avuto figli e
sperò che presto sarebbe successo. In una relazione
successiva coronò il suo sogno con un italiano».

lunedì 7 maggio 2012

26 Layla


Davanti al mio appartamento, c’era una donna ad
aspettare. Avvicinandomi, fece un sorriso e mi salutò
cordialmente.
La osservai, cercando di ricordare chi fosse ma,
anche se il suo viso sembrava familiare, non riuscii
a trovarla nella mia mente.
«Lei, chi è?», chiesi incuriosito.
«Sono tua zia Layla».
«Chi?»
«Hai capito benissimo!».
Dopo aver discusso qualche minuto fuori dal portone,
decidemmo di entrare in casa e continuare
con calma.
Era una signora sulla quarantina, con fare gentile,
anche se estremamente deciso. Nonostante non
fossi ancora certo della sua identità, fui portato a
credergli fin da subito.
«Dunque, immagino che tu voglia sapere come ho
fatto a rintracciarti, non è così?», mi disse.
«Beh…per iniziare basterebbe».
«Penso, invece, sia più importante parlare d’altro».
Le chiesi a cosa si riferisse.
«Hai gettato via il medaglione!», disse seccamente.
«Non avresti dovuto, ma si può rimediare».
«Ehi, aspetta…come fai a conoscere questa storia!
Chi sei veramente?», chiesi sorpreso.
«So molte cose. Direi di partire dal principio».
«Sono d’accordo».
La invitai ad essere molto precisa, senza tralasciare
alcun dettaglio.
«So tutto di quello che è successo a Budapest
con Boris, ed anche della metà del medaglione
che ti ha chiesto».
«Bene, allora risparmierò fiato», dissi scherzosamente.
«Immagino, invece, che tu abbia cose
davvero importanti da dirmi».
«Tuo nonno era mio padre!».
«Oh , questa sì che è bella…ed io, magari,
dovrei crederci!».
«Direi di sì», rispose non scomponendosi affatto.
«Centra, per caso…Marisa Turrito?», domandai.
«Naturalmente. Era mia madre!».
La storia mi sembrò davvero ai limiti del possibile.
La donna, però, continuava ad ispirarmi fiducia.

giovedì 3 maggio 2012

25 Abbandonato a sé stesso


Nel primo pomeriggio, terminata la riparazione
dell’auto, riprendemmo la ricerca del rustico.
Il giorno precedente, nell’imboccare la scorciatoia,
eravamo finiti in direzione opposta.
Lo trovammo dopo due ore e, con grande sorpresa,
ci apparì desolatamente abbandonato a sé
stesso.
«Deve essersi trasferito», disse Marco.
Sibilla, con occhi infuocati, non riuscì a trattenersi.
«Non avevi detto di aver contattato questa testa
vuota?».
«Sì, l’ho fatto».
«Quanto tempo fa?».
«Tre mesi».
«Cosa?», le urlò sgranando gli occhi, «Allora
le teste vuote sono due!».
Cercai di tirarmi fuori da quella discussione, e
chiesi di essere riportato a casa.
Lo sforzo impiegato in quella ricerca, amplificò
la nostra delusione. Piombammo, così, in
un profondo silenzio.

martedì 1 maggio 2012

24 Notte insonne


“Va bene, buonanotte”.
Rimasi tutta la notte seduto su di una poltrona al
fianco dei miei amici che, dopo aver tentato inutilmente
di riprendere la discussione, si addormentarono
pesantemente.
Io non riuscii a chiudere occhio.
La scena alla quale avevo assistito, mi aveva reso
davvero irrequieto.
Alle prime luci dell’alba, svegliai Marco.
«Che facciamo?», gli dissi sottovoce.
«Cosa vuoi che ne sappia? Sto ancora dormendo!».
«Siete due incoscienti; ho dovuto fare la guardia tutta
la notte!», li rimproverai severamente.
«Chi te l’ha fatto fare?», fu la risposta di Sibilla, che
nel frattempo aveva aperto gli occhi.
A quel punto intervenne Marco, che cercò di calmare
gli animi.
«Dunque, ora scendiamo al piano di sotto, facciamo
colazione, e telefoniamo nuovamente al meccanico».
La signora Mara, già sveglia, aveva preparato un profumatissimo
caffè che gustammo volentieri.
Un’ora dopo, arrivò il carro attrezzi che avrebbe
trasportato la nostra auto in officina. Salutammo
in fretta la famigliola e, pressati nella cabina del
camioncino, percorremmo alcuni chilometri.

venerdì 27 aprile 2012

23 Siamo in pericolo!


«Dovete ascoltarmi», bisbigliai avvicinandomi al
letto.
«Siamo in pericolo, specialmente tu», dissi indicando
la ragazza.
«Ma cosa dici, Walter…sei impazzito? Ti sembra
questo il modo di svegliare la gente?».
Sibilla dava l’impressione di stare ancora dormedo,
e mi trattò come se fossi stato un incubo.
Marco prese la parola, desideroso di capire cosa
fosse realmente successo.
«Walter, spiegaci tutto dall’inizio; decideremo poi
il da farsi».
Cercai di descrivere la scena a cui avevo assistito,
non tralasciando alcun dettaglio.
«Non credo sia un tipo pericoloso», esordì Sibilla
«Ma parla furiosamente ad una bambola!», ribattei.
«Non hai mai incontrato qualcuno che parla da
solo?», replicò lei.
«Non è la stessa cosa».
Subito dopo, sentimmo bussare alla porta.
«Sono il signor Sandro…tutto bene lì dentro?».
«Oh…sì certo; stiamo chiacchierando, non abbiamo
sonno», dissi io.

domenica 22 aprile 2012

22 Gli Appennini


«Suvvia, non sapete di trovarvi sugli Appennini?»
«Dite sul serio?»
«Certamente», aggiunse l’uomo, «a mille metri
d’altezza!».
Constatata l’impossibilità di aggiustare l’auto
con i mezzi a nostra disposizione, fummo invitati
in casa del signor Sandro. Provammo a metterci
in contatto telefonico con l’unico meccanico presente
nel raggio di venti chilometri. Ci promise
che si sarebbe fatto vivo il giorno successivo.
«Nel frattempo potete fermarvi qui!», ci disse la
moglie Mara, «Spero vi piaccia il cappone».
«Ah sì…sì», rispose Marco un po’ imbarazzato.
Una cena squisita!
Mara ci sorrideva spesso, esortandoci a mangiare;
la figlioletta Noemi, invece, osservava silenziosa.
Sembrava proprio una famigliola per bene, e quando
ci proposero di pernottare da loro, accettammo
di buon grado.
Ci sembrò davvero una grande fortuna l’aver incontrato
gente tanto cordiale, ma ebbi una sorpresa al
momento di recarmi a letto. Dopo aver salutato i
miei amici, notai, dalla finestra della stanza, un’intensa
luce arancione filtrare dal vecchio portone
del granaio; incuriosito, scesi al piano terra e, lentamente,
mi avvicinai.
Cercai di usare molta cautela, credendo che all’interno
ci fosse un malintenzionato.
La porta era leggermente aperta e, con grande sorpresa,
vidi il signor Sandro scuotere, come un forsennato,
una bambola di pezza. Gli urlava contro
strane frasi come se fosse viva.
«Daria…non costringermi, non voglio più soffrire!».
Rimasi atterrito da quella scena, e pensai che fosse
uscito di senno.
«Chi l’avrebbe mai detto?», pensai.
Mi venne in mente che potesse essere un maniaco,
e sentii che avrei dovuto avvertire immediatamente
i miei due amici. Arrivato davanti alla porta della
loro stanza, provai a bussare, ma non mi udirono.
«Sibilla…ehi Sibilla, Marco….».
Nessuna risposta.
Mi decisi ad entrare; fortunatamente la porta non
era chiusa dall’interno.

martedì 17 aprile 2012

21 Marco e Sibilla


Marco e Sibilla, erano due turisti romani che incontrai
una settimana dopo esser tornato a casa.
Cercavano, in un paesino, un rustico che casualmente
conoscevo. Non avendo impegni, decisi
di accompagnarli.
Pioveva ormai da due giorni, e la scorciatoia che
avevamo scelto, fu bloccata a metà percorso da
una frana. Decidemmo quindi, per non tornare
indietro, di imboccare una stradina sconosciuta
che sembrava portare nella stessa direzione.
Fu un errore.
La strada terminò, dopo svariati chilometri, nel
piazzale di una casa isolata. Nel frattempo, la
nostra auto si fermò, e non volle più saperne
di ripartire. Uscì il padrone di casa che, gentilmente,
si offrì di aiutarci.
Ricordo la sua espressione un po’ sorpresa.
«Come avete fatto ad arrivare fin qui?
La strada è impervia e, se non la si conosce,
c’è pericolo di precipitare negli strapiombi».
«Ma quali strapiombi?», dissi sorpreso.

sabato 14 aprile 2012

20 Mi sentii guidato


Evidentemente quel medaglione aveva cambiato
qualcosa in profondità. La mia non fu una reazione
“consueta”. Mi diressi, deciso ed immensamente
tranquillo, all’uscita della stazione.
Mi sentivo come guidato, e presi il primo autobus
che mi capitò. Dopo una decina di fermate, vidi,
un po’ nascosta, la stazioncina che cercavo; riuscìì,
così, a prendere al volo il mio treno.
Considerato ormai concluso il viaggio, mi rilassai
ascoltando un po’ di musica dall’inseparabile radiolina
tascabile.

giovedì 12 aprile 2012

19 L'onda


Ripensando al medaglione, volli sperimentarlo nuovamente.
Questo fu il suo ultimo messaggio:
“Scegli l’onda spumeggiante,
coprendola con parole innocenti.
Non eccedere, anima mia,
non lasciare la scia.
Non cercare di capire,
non cercare di cambiare.
Lo sguardo attento dell’immenso Principio,
scruta l’abisso e rovescia certezze.
Sedotti, osserviamo dall’alto
il mosaico in cui tutto ha valore
e…assente è il giudizio.
Giudizio…condanna…si allontanano
per sempre.
Qualcosa preme per riaverli intorno,
tutto somiglia ad un ballo infinito.
Vedo la danza fermarsi…ora!!!”.
Ebbi la certezza che tutto fosse stato detto e
mi strappai il medaglione dal collo. Lo guardai per
l’ultima volta, e lo gettai nel fiume.
Vedendolo sparire pensai:
«Ora so che è giunta l’ora di partire».
Mi diressi alla stazione dopo aver saldato il conto
in sospeso con Edna, che si stupì non poco della mia
decisione improvvisa.
A metà pomeriggio giunsi a Vienna, dove attesi,
per ore, la comunicazione del treno di collegamento
per l’Italia. Alle diciannove, decisi di chiedere informazioni
al personale incaricato.
Fino all’alba del giorno dopo, era prevista una sola
partenza da una stazione periferica, mezz’ora più
tardi. In un primo tempo, pensai di approfittare dell’inconveniente
prolungando la mia vacanza, ma il
desiderio di tornare a casa mi fece cambiare idea.
Invocando fortemente una soluzione, sentii emergere
una chiarezza estrema.
«Tocca la corda giusta e l’armonia vibrerà in te», mi
dissi.

domenica 8 aprile 2012

18 Non cercare spiegazioni


Un giorno, in un affollato negozio del centro,
provai ancora a far funzionare l’oggetto.
Non mancò di stupirmi; improvvisamente non
udii più le voci di tutta quella gente.
“Non cercare spiegazioni scavando,
lascia galleggiare l’essere nel vuoto,
osserva il bagliore di un credo marmoreo
e….. rendi potente la luce che risana”.
Dovetti staccare la mano dal medaglione.
Ogni volta, avevo una perdita d’equilibrio che
rischiava di farmi cadere. Quel giorno pensai
seriamente di liberarmi dell’oggetto, ma decisi
di tenerlo per tutta la durata del soggiorno in
Ungheria. Successivamente, però, lo lasciai
nel comodino della stanza d’albergo.
Lo ripresi il giorno della mia partenza. Passeggiavo
lungo il Danubio, quando, affascinato dalle
sinuose forme che l’acqua disegnava con
il suo passaggio, mi fermai ad ammirare quell’armoniosa
bellezza.

mercoledì 4 aprile 2012

17 La parte mancante


Inoltre, separando le due parti, avrei avuto accesso
ad una conoscenza segreta, che si sarebbe manifestata
al momento opportuno.
Presi la decisione.
«Ecco la tua parte», dissi porgendogli la metà che
avevo separato.
Non fu un’operazione difficile; l’oggetto era già
stato predisposto per quell’evenienza.
Il signor Boris fu molto soddisfatto, e mi sorrise
cortesemente.
«Adesso possiamo anche salutarci».
Nei giorni successivi non lo incontrai più.
Effettivamente, qualcosa era cambiato in me.
Avevo delle percezioni strane, messaggi interiori
dei quali non conoscevo la provenienza.
Succedeva ogni volta che, ad occhi chiusi, appoggiavo
la mano sinistra sulla mezzaluna.
Non era come ascoltare una voce interiore o pensiero.
Sembrava, piuttosto, una consapevolezza
che emergeva in varie forme.

sabato 31 marzo 2012

16 Ritornai da Boris


Ciò mi fece sentire di essere ritornato il “solitario”
di sempre. Per scacciare il senso di malinconia che
ogni distacco produce, iniziai a camminare senza
una meta, godendomi le bellezze della città.
Il giorno dopo, tornai a far visita al signor Boris.
«Vogliamo approfondire l’argomento?», domandai.
«Certo, non chiedo altro!».
«Cosa vuole veramente da me?».
«Solo la metà del medaglione, lo sa benissimo!».
«Ma è solo un ciondolo».
«Non è solo un ciondolo», disse seccamente.
«A…no? Cosa sarebbe, allora?».
«Un patto».
«Cosa?».
«Già. Un patto tra due amanti».
Ascoltai rapito la sua spiegazione. Sostenne che, se
avessi tenuto il medaglione intero, non mi sarei potuto
liberare di lui.

venerdì 30 marzo 2012

Ordinare i pensieri

Cosa significa, in ultima analisi, ordinare i nostri pensieri?
Indubbiamente una sfida cruenta e dolce allo stesso tempo.
L'impressione di venire a contatto con cose sgradevoli è palpabile.
I timori, però, non portano nulla di buono.
Il fascino di procedere comunque avanti ha la sua importanza
ed il suo motivo d'esistere.
Bisogna tener conto delle congetture presenti sin dall'infanzia.
Ci troviamo, a volte, a lasciare che le cose seguano il loro corso.
Non che ciò sia un male..dipende dall'atteggiamento.
Spesso è una scusa per tirare i remi in barca, per mollare la presa.
Si...certo... le esperienze totalizzanti saranno sempre lì, 
ad aspettare di essere vissute.

mercoledì 28 marzo 2012

Progresso

Quando non capiamo i perchè delle cose,
le riverniciamo di fatti visti e soluzioni alla portata
della nostra comprensione, senza curarci di confrontarli
con l'attualità.

Se ci fermassimo a guardarci dentro,
avremmo un senso di vertigine inaccettabile.

Forse è questo ritmo incalzante del cosiddetto "progresso"
a cercare di spingerci avanti a tutti i costi.

Costi quel che costi!

martedì 27 marzo 2012

15 La partenza di Rodriguez


Il giorno dopo, nei dialoghi con Rodriguez, ciò
che era successo la sera prima, non fu menzionato
affatto.
«Sai», mi disse, «ho parlato al telefono con mio
padre. Ha usato parole dure, dandomi dell’incapace.
Vuole che torni subito a casa; il biglietto di ritorno
è già in ambasciata.
Credo sia una buona notizia anche per te; non
potevi continuare a farti carico delle mie spese!».
Parlò tutto d’un fiato, e capii l’imbarazzo che provò
nel riferirmi il comportamento del padre.
Lo accompagnai alla fermata dell’autobus che lo
avrebbe condotto all’ambasciata. Pensando che
non ci saremo più rivisti, mi accorsi che, in poco
tempo, eravamo già diventati buoni amici.
Gli strinsi la mano, e riuscii a malapena a trattenere
la commozione.
«Mi raccomando, non combinare altri guai!»,dissi
scherzando.
«Anche tu!», urlò dal finestrino.
Continuò a salutarmi agitando la mano finchè non
vidi la sagoma del veicolo confondersi con il traffico.

domenica 25 marzo 2012

14 Scesi in strada..


«La vostra venuta qui. Dovete darmi ciò che mi
spetta», fu la sua risposta.
«Sarebbe?».
«La metà del medaglione che portate al collo».
«Signore, credo che lei stia esagerando. Appena
ritrova un parente, gli chiede subito qualcosa. E’
un indecenza!».
In effetti avevo un medaglione. Era composto da
due parti che, con un po’ di impegno, si sarebbero
separate. Nella parte anteriore, la più enigmatica,
c’erano scritte delle frasi indecifrabili.
Dovetti ammettere che il signor Boris, senza conoscermi,
sapeva un’infinità di cose sul mio conto ma,
vista l’ora tarda e la stanchezza che sembrava voler
prendere il sopravvento, gli comunicai l’intenzione
di tornare in albergo.
«Riprenderemo questo argomento un altro giorno»,
Scesi in strada frettolosamente e mi avviai verso
la pensione.
Entrando nella stanza che dividevo con Rodriguez,
sentii russare profondamente. In un primo tempo
fui tentato di svegliarlo, per raccontargli le novità
che avevo appreso da quello strano individuo, ma
poi, guardando il mio letto, decisi che avrei potuto
rinviare la conversazione.

venerdì 23 marzo 2012

Attesa


La nottata scorre lentamente
all'approssimarsi dell'alba;
ed io attendo,senza certezze,
il fluire degli eventi.
Come un appuntamento inesorabile
prendo forza e convinzione
ma non posso fare a meno di notare
che le novità arrivano...di soppiatto.

Comunque..Benedette siano le novità!

mercoledì 21 marzo 2012

13 Il medaglione


«Davvero una strana coincidenza; abito anch’io
da quelle parti», dissi sorpreso.
«C’è un’altra cosa», aggiunse in tono quasi drammatico.
Ci fu una piccola pausa; sembrava non trovare
le parole.
«Non tenetemi sulle spine, parlate!», gli intimai
lievemente agitato.
«Vostro nonno era il cugino di Marisa», disse
pacatamente.
«Davvero? Mi sorprendete, signore. Mai saputo
una cosa simile!».
«Ovviamente no», aggiunse, «egli non volle mai
aver nulla a che fare con quella donna, nel modo
più assoluto».
«E’ una bella storia. Non credo, tuttavia, sia sufficiente
a farci trascorrere una notte insonne», dissi
alzandomi in piedi.
«Aspettate, c’è dell’altro».
«Dite pure!».
«I due ebbero un figlio; fu nascosto in orfanotrofio
fino ad età matura e non seppe mai la
verità: mio padre».
Il medaglione
«Vorreste dire che, seppur alla lontana, siamo parenti?»,
chiesi sorpreso.
«Direi di sì», sussurrò soddisfatto.
«Ma…immagino ci sia dell’altro», dissi iniziando
a preoccuparmi.

sabato 17 marzo 2012

12 Boris


Salimmo le scale non dicendo una sola parola.
Entrati in casa , dopo avermi fatto accomodare, iniziò
la sua spiegazione.
«Bene, mi chiamo Boris e non so dirle quanto mi
abbia fatto piacere l’averla incontrata.
Vi stavo aspettando
da tempo, senza aver mai dubitato del
vostro arrivo».
Saltai quasi dalla sedia.
«Ma vi rendete conto di cosa dite, signore?»
«Certamente».
A quel punto, mi pregò di attenderlo qualche istante,
sostenendo di avere qualcosa da mostrarmi.
Tornò, poco dopo, tenendo in mano la foto di una
persona anziana.
«Vedete, questo è mio nonno Igor. Prima di morire,
mi confidò di aver avuto una lunga relazione
con una medium marchigiana. Il suo nome è
scritto qui dietro!», disse girando la fotografia.
Cercai di leggere dove mi aveva indicato, ma l’inchiostro
era scolorito dal tempo.
Dopo un’attenta osservazione, fui quasi certo di
averlo capito: “Marisa Turrito”.

lunedì 12 marzo 2012

11 Dovrei fidarmi?


Il modo in cui pronunciò quelle parole non mi piacque affatto.
«Lui però, non può venire con noi; non fa parte
del gruppo», disse indicando il venezuelano.
«Quale gruppo?», obiettai, «Non vi conosco nemmeno!
».
«Io sì!», disse in tono fermo.
Il suo modo di fare riuscì ad incuriosirmi e mettermi
a disagio allo stesso tempo.
«Signore», aggiunsi «perché dovrei fidarmi di lei?».
«Lo saprete presto, mio caro scrittore!».
«Chi vi ha dato queste informazioni?».
«Non ha importanza. Ora, se non avete nulla in
contrario, accompagneremo il vostro amico.
Vorrei poter parlare liberamente».
«Stavo per dirlo io», disse Rodriguez per togliersi
d’impaccio.
Arrivati nei pressi della pensione, il venezuelano ci
salutò lanciandomi un’occhiata d’avvertimento.
«Io abito a tre isolati da qui, vi dispiace se saliamo
in casa?», bisbigliò l’uomo misterioso.
Ero immerso nella scia energetica che aveva provocato,
e la seguii senza indugio.

Gli aspetti emotivi

Gli aspetti emotivi
che spesso proviamo
si frappongono come trappole
nell'adattamento ad una società migliore.
Superare i nostri timori comporta
un'accettazione, anche calcolata,
di esperienze coinvolgenti
che congelano convinzioni radicate.
La disposizione a tale cambiamento
è un patrimonio inestimabile
nella nostra esperienza quotidiana.

venerdì 9 marzo 2012

10 Raccontami cosa è successo


Dopo averci mostrato la nostra, ci lasciò
soli; riuscimmo, così, a riposare per una buona
mezz’ora.
«Si sta bene qui, vero?», chiesi a Rodriguez.
«Meglio che a Zagabria certamente!».
«Senti, perché non mi racconti esattamente cosa ti
è successo?», gli chiesi.
«Che posso dire…passeggiavo e mi hanno rubato
tutto».
«Questo me l’hai già detto, volevo conoscere altri
dettagli», replicai incuriosito.
«Non so, ma quel posto con me ha chiuso».
Fece una pausa e aggiunse:
«Se non ti dispiace, preferirei non parlarne più!».
Fui completamente d’accordo con lui e ci mettemmo
una pietra sopra.
Dopo un paio d’ore uscimmo per cenare e, avendo
poca fantasia, lo invitai in una pizzeria gestita da
italiani.
All’uscita, notai un uomo, in mezzo alla folla, che
sembrava voler attirare la nostra attenzione.
Fui incuriosito a sufficienza per andargli incontro
ma, subito dopo, girò i tacchi e si allontanò.
Meravigliato da quella mossa, decisi di raggiungerlo
accelerando il passo.
«Ma chi è quello?», chiese Rodriguez.
«Non saprei, ma sono certo che vuol dirci qualcosa!
», risposi convinto.
L’uomo entrò in una stradina secondaria, girandosi
più volte per essere certo che lo seguissimo.
Gli feci cenno di fermarsi, ma sparì nuovamente.
«Dov’è andato a finire?», dissi spazientito.
«Non lo so, e non voglio saperlo», mi rispose
Rodriguez guardandosi intorno.
«Quel tipo non mi piace affatto; con la fortuna
che ho, è sicuramente un malintenzionato».
«No, non lo è». Le parole mi uscirono in tono
fermo, e neppure io seppi perché.
Stavamo parlottando in quella stradina buia,
per la verità un po’ tesi, quando la suoneria del
mio orologio, attivandosi, ci fece sobbalzare.
«Ho una brutta sensazione, torniamo in albergo»,
disse Rodriguez.
Appena terminò la frase, uscì dall’ombra l’uomo
che avevamo seguito fino ad allora.
«Ho bisogno di parlarle», esclamò fissandomi .

martedì 6 marzo 2012

9 L'affittacamere Edna


Appena scendemmo dal treno, fummo circondati da
una decina di persone che offrivano, dandoci ognuno
il proprio biglietto da visita, stanze per la notte a
prezzi convenienti.
Una signora, che disse di chiamarsi Edna, si presentò

in perfetto italiano.
«Avete bisogno di una camera, ragazzi? Italiani,
vero?».
«Io si», dissi sorpreso , «ma come ha fatto a sapere…?
».
«Intuito, ragazzo mio, intuito! Ora…volete seguirmi,
prego?».
Non ebbi alcuna esitazione, vista la fortuna di aver
incontrato un’ungherese che parlava la mia lingua.
Rodriguez si accodò, ben felice di aver posto rimedio
ad una situazione così precaria.
Onestamente, mi parve un po’ bizzarra l’idea di reclutare
clienti alla stazione, ma non mi infastidì.
L’affittacamere Edna era un tipo davvero affabile,
sapeva come trattare la gente. Riuscì a farci sentire
a nostro agio, anche se la “pensione” era, in realtà,
la sua casa.
Lo scoprimmo solo all’ultimo momento, non trovando
nessuna insegna o targa all’entrata.
«Prego, da questa parte», ci disse facendoci strada.
Nel suo appartamento, aveva ricavato ben cinque
stanze che, nonostante le piccole dimensioni, risultavano
confortevoli.

venerdì 2 marzo 2012

8 Sulla via di Budapest


Nel primo pomeriggio ero già in viaggio per Budapest.
In quel momento mi sembrò una buona
decisione.
Il treno era davvero sgangherato, e mi ricordò
quelli della mia infanzia, quando, con la famiglia
al completo, ci recavamo a far visita ai parenti
lontani.
Nel primo tratto di viaggio, non feci altro che pensare
a ciò che successe quella mattina. Dubitavo di
essere in grado di raccontare ad alcuno una storia
così intensa e cruda. La sensazione che mi aveva
lasciato addosso, era impossibile da descrivere.
Fui distratto dagli schiamazzi di un ragazzo, che
sembrava aver alzato un po’ il gomito, e continuava
a passeggiare instancabilmente lungo il corridoio
del vagone. Canticchiava ritornelli incomprensibili,
con aria molto divertita. Ammetto che riuscì a sollevarmi
un po’ il morale e, quando feci la sua
conoscenza, capii che potevo fidarmi.
Scambiandoci le nostre esperienze, mi raccontò
che, a Zagabria, era stato picchiato e derubato da
alcuni malviventi.
I suoi averi ammontavano a dieci
dollari e una bottiglia di rum che, evidentemente,
aveva già scolato.
Non ci eravamo ancora presentati e rimediammo
subito.
«Mi chiamo Rodriguez y vengo dal Venezuela!»,
mi disse in italiano un po’ stentato.
Affermò di essere figlio di un ministro che, aggiunse,
lo avrebbe tirato presto fuori dai pasticci.
Gli chiesi, quindi, dove sarebbe sceso.
«Budapest», disse sorridendo.
«Che coincidenza, anch’io sono diretto lì!».
«Bueno, amigo!», esclamò entusiasticamente.
Scherzammo tutto il pomeriggio, e riuscì perfino a
farmi intonare dei buffi canti popolari.
Alle diciannove arrivammo a destinazione.
La stazione, ben curata ed accogliente, mi fece
davvero una buona impressione.

domenica 26 febbraio 2012

7 Discussioni sul conflitto


Nel nuovo locale, il sergente salutò un gruppo di
amici. Cercai di coinvolgerli nella discussione
riguardante la correttezza di quel conflitto.
Mi feci prendere un po’ la mano e parlai di come,
quando Tito era ancora in vita, le varie etnie convivessero
in pace.
La mia, non era assolutamente una presa di posizione.
Constatare questo semplice fatto è legittimo;
si può anche non essere d’accordo.
Per me era solo una discussione.
Per gli amici del sergente, no.
Iniziarono a guardarmi con la ferocia negli occhi,
e notai qualcuno scaldarsi troppo.
A quel punto il sergente mi accompagnò fuori da
quel luogo e mi ammonì:
«Non devi pronunciare mai più quel nome! Ora,
se non vuoi lasciarci la pelle, ti conviene andartene».
Rimasi sbigottito da come precipitò la situazione.
Non era certo mia intenzione provocare un trambusto
di quella portata.
Mi resi conto che accettare quel consiglio sarebbe
stata la cosa più saggia, e mi avviai sconsolato verso
la stazione.
Troppa gente va in giro, più o meno legittimamente,
armata di tutto punto. Il pericolo era tale, da non
poter essere affrontato con la sola forza della persuasione.
Arrivai così, enormemente deluso, alla biglietteria.
Guardando con sospetto anche l’addetto allo sportello,
comunicai la nuova destinazione:
«Budapest!».

Sposa celeste

Luci ribelli...
mani di fate..
carezzano il velo 
silenzioso e grigio;
sobria e felice 
è la sposa celeste.
Ciò che accade 
nella ruvida nebbia 
non può toccarla..
e si assopisce 
lentamente ...dolcemente

sabato 25 febbraio 2012

6 Una guerra sporca


Aveva ucciso decine di persone, e non sembrava
curarsene molto.
Piuttosto, in certi momenti, non riuscì a nascondere
una certa fierezza nell’aver partecipato ad
annientare i suoi acerrimi nemici.
L’odio che serpeggiava in quella zona era troppo
radicato; non avrei potuto farci niente.
Ebbi la sensazione che quella fosse una guerra
sporca. Più sporca delle altre.
Volli esprimere il mio pensiero, e menzionai le
convenzioni internazionali che, in un conflitto,
andrebbero rispettate. Il mio codice cavalleresco
non riusciva ad accettare, per nessuna ragione,
che si potessero commettere delle atrocità su
gente inerme.
Uscimmo dal locale e, fatti pochi metri, ci infilammo
in un altro ritrovo; l’aria si tagliava a fette,
tanto era pesante.
Sembravano portare tutti un masso sulle spalle.
Dal momento del mio arrivo, non avevo visto una
sola persona sorridere. Questo pensiero riuscì a
rattristarmi.

mercoledì 22 febbraio 2012

5 I cecchini Serbi


«Sono stati i cecchini serbi!», mi disse cambiando
espressione.
Iniziò, con estrema precisione e freddezza, a descrivere
particolari agghiaccianti che ascoltai allibito.
Parlò per tutta la mattina ma, quando il tono del
suo monologo divenne eccessivamente minaccioso,
cercai di distrarlo parlando d’altro.
La sete di verità, però, mi fece tornare di nuovo
sull’argomento.
«Come è possibile uccidere a sangue freddo dei
bambini?», gli chiesi.
«I cecchini di cui tu parli sanno che, un giorno,
quei bambini diverranno i loro nemici, perciò
prima li uccidono, meglio è!», disse con logica
freddezza.
Ci fu un silenzio che durò qualche minuto,
quindi riprese a parlare, elencando i suoi meriti
in battaglia che gli valsero il grado di sergente.
Ascoltai tutto senza interloquire, riflettendo sul
senso di disciplina che avevano da quelle parti.
Senza divisa, avrei giurato trattarsi di un qualunque

bullo di città, con i suoi lunghi capelli e quella
bottiglia, dalla quale sembrava non volersi mai separare.
Ma non era così.

sabato 18 febbraio 2012

4 Decisi di aspettare


Arrivai a Zagabria verso le sei del mattino e trovai
chiuso il tabaccaio, il bar ed il cambiavalute.
Nell' attesa, iniziai a passeggiare nei pressi del

piazzale della stazione.
Dopo averlo percorso decine di volte, dovetti
fermarmi per non insospettire le numerose pattuglie
di milizia presenti nei dintorni.
Decisi di sedermi ed aspettare, guardando oziosamente
il traffico cittadino.
Alle nove, riuscii a cambiare in valuta locale soltanto
centomila lire. Il risultato fu alquanto deludente;
la lira, mi dissero, valeva davvero poco.
Entrando in una paninoteca, fui colpito dalla scontrosità
con cui venni trattato dall’addetta al bancone.
Ogni cosa mi venne servita sgarbatamente, ma
giustificai il tutto con i patimenti subiti a causa del
conflitto.
Fu interessante, invece, fare la conoscenza di un
soldato dell’esercito croato, appena tornato dal
fronte. A differenza della sua connazionale, fu molto
disponibile, invitandomi perfino al suo tavolo.
Dialogammo in lingua inglese, e mi spiegò molte
cose. Vedendolo zoppicare, chiesi cosa gli fosse
successo.

venerdì 17 febbraio 2012

3 L'immagine


Si guardarono e, dopo avermi avvertito del pericolo
presente in alcune zone, se ne andarono
senza dire una parola.
Era passata la mezzanotte; viaggiavo ormai da
dieci ore. La mia unica compagnia, era quel finestrino,
attraverso il quale, alzando gli occhi, mi tuffai
nel cielo stellato.
Quell’immagine parlò al mio cuore:
«Conosci queste stelle e questa luna?».
Era il “mio” cielo quello che vedevo, ed io ero
lo stesso; dunque….forse non c’era nessuna guerra
perché mi trovavo a casa.
Immaginai, per un attimo, che chiunque imbracciasse
un fucile, alzasse gli occhi al cielo ed esclamasse:
«Questa è la nostra casa!».
Fui distratto, poco dopo, dal rumore di un aereo
che mi riportò alla realtà.

2 Viaggiatori


Per ingannare il tempo, mi accinsi, così, a leggere
un libro che interruppi decine di volte.
In alcuni frangenti, fui costretto a dei veri numeri
da circo equestre per lasciar passare viaggiatori
carichi di bagagli.
Bisogna essere pazienti, per leggere in quelle
condizioni.
Dopo due ore di tentativi, decisi di uniformarmi
agli altri passeggeri guardando il paesaggio che
scorreva al di là del finestrino. La destinazione
esatta del mio viaggio era la ex Jugoslavia; biglietto
di sola andata.
In prossimità del confine, il treno si svuotò. Dopo
tanto sacrificio, mi scelsi un comodo posto, e pian
piano mi addormentai. Fui svegliato dai poliziotti
di frontiera che, dopo avermi chiesto i documenti
personali, mi fecero numerose domande. Credo
che li insospettì la motivazione del mio viaggio:
“Turismo”.
In un territorio devastato da anni di guerra, ci si
abitua solo alla presenza di soldati, dottori e giornalisti.
La perquisizione sommaria non diede alcun esito.

1 Ci sono situazioni...

Ci sono situazioni che piombano nella vita in
modo incomprensibile e se ne vanno
quando si è sul punto di decifrarle.
Il motivo per cui decisi di partire verso l'est europeo
nell'estate del 1994 mi è tuttora sconosciuto,
ma gli eventi che seguirono furono tali
da far assumere a tutto il quadro un aspetto
quasi logico.
Spesso ci si interroga sulle motivazioni profonde
dei nostri atti ma, per quanto si possa cercare,
la risposta si avrà col passare del tempo.
Lo spirito che anima l'essere umano sarà
sempre un mistero.
Il mio carattere, però, mi ha sempre spinto ad
andare oltre le apparenze.
Credo che lo spirito di rassegnazione non faccia
parte del mio modo di essere.
Mi ritrovo, così, ad affrontare situazioni ritenute,
da chi mi conosce, estremamente sconvenienti.
Quell'anno sarei partito volentieri con un amico,ma tutti chiesero
la stessa cosa:
A me, che è sempre piaciuto l’imprevisto, non restava
che rispondere: «Guardate, il bello di un viaggio
è non sapere come andrà a finire».
Puntualmente, si intavolavano discussioni sull’opportunità
di cercarsi noie anche in vacanza.
Da parte mia, continuo tuttora a sostenere che
siano le difficoltà a cercare chi è disponibile.
Scelgo, questo si, di non portare con me molto
denaro, ma solo perché ritengo si debbano continuare
a mantenere i ritmi di sempre.
Gli imprevisti, essendo tali, non riescono a preoccuparmi.
Fu così che partii solo, ritrovandomi in un treno
affollato.
Era il 15 agosto, e gli ultimi ritardatari si apprestavano
a raggiungere i luoghi di vacanza.
Il viaggio, estremamente scomodo, migliorò quando
trovai posto lungo il corridoio di un vagone.
Non era certo una sistemazione che permettesse
di rilassarsi.

Introduzione

C'è riluttanza,nell'uomo comune, a proporre sé stesso;
preferisce accettare un modello preconfezionato ed anonimo.
Nella moltitudine si sente al sicuro ma, in fondo,vorrebbe
creare qualcosa di cui sentirsi fiero.
Ripetere quotidianamente le stesse azioni, diviene per tutti
un vero e proprio rito con cui scacciare la paura di perdersi.
Osservando, però, le piccole azioni che si intraprendono
controcorrente, si nota che contengono un moto di
irriverenza per le convenzioni in atto.
Varcando la porta dell'ignoto, potremo incontrare ciò
che abbiamo da sempre cercato: la più bella immagine
di noi stessi.
Liberi dalla folla dei nostri pensieri, riusciremo a
riallacciare più agevolmente il contatto prezioso con
il grande sé.
Ciò che credevamo possibile.... è già nostro.
Si scopre, poi, di trovarsi nella grande gabbia di cristallo;
le vie d'uscita si apriranno solo risolvendo alcuni enigmi.
Riconoscere che ogni cosa ne contiene un'altra è il
primo passo.
Questa consapevolezza, porta alcuni verso la rassegnazione,
altri verso l'umiltà.

giovedì 9 febbraio 2012

Il tempo è galantuomo?

Chissà...negare però sentimenti contrastanti
e frustranti non porta lontano.
Se, ad esempio, trattiamo la sofferenza
(sia fisica che mentale), ci si dirige
inevitabilmente verso percorsi ostili
ed insidiosi. Gli anni della giovinezza ci danzano
davanti agli occhi come se assistessimo
ad uno spettacolo teatrale.
La sensazione, a volte,
è che si burlino di noi.
Mahh.. è solo una sensazione...o no?

Blog Archive

meteo Città di Fermo