Il Riflesso Della Luna

martedì 29 maggio 2012

31 Il "Sacro cerchio"


Tirò fuori dalla borsa alcuni oggetti, che dispose
in cerchio sul pavimento. C’erano pietre colorate,
candele e dell’incenso profumato.
Stava preparando ciò che definì “Il sacro cerchio”.
Quando ebbe terminato, mi invitò ad entrarci con
lei ed a distendermi in terra.
Con gli occhi al soffitto, attesi istruzioni.
«Ciò che vedremo, non dovrà mai indurci ad uscire
fuori da questi limiti», raccomandò Layla.
Detto ciò, iniziò a pronunciare formule a me sconosciute
e, con la sola luce delle candele, entrammo
in una speciale meditazione.
Fu come un risveglio altrove.
Scoprii che potevamo comunicare con la sola forza
del pensiero.
Era sublime la sensazione che si provava fuori
dal corpo.
«Seguimi e cerca di risparmiare l’energia mentale
», fu la direttiva di Layla.
La superficie su cui camminavamo rifletteva le
nostre immagini, come una lastra d’argento tirata
a lucido.
Mi fermai affascinato.
Chinandomi, osservai attentamente il mio viso.
«Di chi è veramente quest’immagine?», pensai.
Mi sentii come chi, indossando una maschera, sa
che il suo specchio non lo riconoscerà.
Stropicciando gli occhi per riappropriarmi della
situazione, tornai a guardare la superficie sotto
di me.

giovedì 24 maggio 2012

30 Ottimi amici


Una telecamera riprendeva chi vi passava di fronte.
Quando casualmente guardai il monitor, vidi
la mia immagine affiancata da quella di una ragazza
che esclamò: «Guarda, siamo in televisione!
».
La battuta fece sorridere entrambi, permettendoci
di far subito conoscenza.
Da quel giorno ci incontrammo spesso, divenendo,
pian piano, ottimi amici.
Riuscivamo a confidarci, in modo naturale, segreti
che non avevamo mai svelato a nessuno.
Il giorno che mi regalò il medaglione disse:
«So che questo ciondolo ti piace; consideralo un
atto di stima nei tuoi confronti».
«Bene, ora che ho soddisfatto la mia curiosità, voglio
terminare il lavoro per il quale sono venuta fin qui»,
disse Layla.
«Certo…pensare che Livia sia mia cugina mi
disorienta un po’. Sono contento di essere stato
per lei solo un buon amico».

domenica 20 maggio 2012

29 Livia


«Già. Lei ti ha regalato quel medaglione non credendolo
importante; ora dovremo porre rimedio alla
sua leggerezza».
Continuò sostenendo che annullare il patto fosse la
nostra unica possibilità.
«Prima, però, devi raccontarmi come hai conosciuto
Livia».
Avevo fatto la sua conoscenza a Londra.
In quel periodo, amavo tuffarmi nel caos cittadino,
alternandolo a periodi di tranquillità. Riuscivo, così,
ad apprezzare entrambi.
Livia era una ragazza minuta, davvero esuberante;
i suoi rapporti di lavoro, non duravano più di una
settimana. Nonostante ciò, la sua caparbietà le
permetteva di ottenere sempre ciò che si era prefissa.
Era solita dirmi: «Cambierò il mio destino!».
Il suo anticonformismo era affiancato dalla passione
per “Mozart”. La sentivo spesso fischiettare alcune
frasi musicali della “Serenata notturna in re
maggiore K239.
La incontrai, la prima volta, in uno dei numerosi
negozi della centralissima Oxford street.

giovedì 17 maggio 2012

28 Negatività permanente


«Aspetta un attimo», la interruppi.
«Boris, a Budapest, mi ha detto che suo padre era
il figlio di Igor e Marisa».
«Ti ha mentito», riprese Layla, «Voleva la sua
parte del medaglione che sapeva esser carico
d’energia. Non credo, però, che ora gli servirà a
molto; le due parti, una volta staccate, hanno
un’impennata energetica che, successivamente, si
spegne per lasciar spazio ad .una negatività permanente.
Ora che hai gettato via la tua,
non c’è più possibilità di far tornare le cose come
prima».
Layla riprese il racconto, affermando che il medaglione
le fu donato da sua madre, poco prima di
morire.
Lei, a sua volta, lo diede alla figlia quando seppe
di essere affetta da una grave malattia.
Precisò che, se entro sette generazioni il destino
non si fosse compiuto, il patto sarebbe stato nullo.
L’aver gettato via la mia metà fu un fatto con delle
conseguenze imprevedibili.
«Tua figlia allora è…Livia, ma certo!».
Mi venne in mente, per un attimo, il suo viso fiero.

venerdì 11 maggio 2012

27 Strane formule antiche


«Parlami del medaglione», le dissi incuriosito.
«Fa parte del patto che Igor fece con mia madre.
Sai, lei era una medium, e conosceva strane formule
antiche. A patto completato, giurò che avrebbe
portato al collo quell’oggetto fino alla morte.
Le cose, però, andarono diversamente.
Quando Igor morì, lei andò in Ungheria per partecipare
all’estremo saluto; conobbe la moglie ed i figli di
quello che aveva creduto essere l’uomo della sua vita.
Si sentì tradita, e volle disfarsi del medaglione,
considerando nullo il patto.
La loro promessa d’amore non era, però, un semplice
accordo. Lei, profondamente, lo amava ancora,
e capì che, in virtù della grande passione trasferita
sull’oggetto, un giorno qualcuno dei suoi discendenti
si sarebbe innamorato di un discendente
di Igor. Mia madre non aveva ancora avuto figli e
sperò che presto sarebbe successo. In una relazione
successiva coronò il suo sogno con un italiano».

lunedì 7 maggio 2012

26 Layla


Davanti al mio appartamento, c’era una donna ad
aspettare. Avvicinandomi, fece un sorriso e mi salutò
cordialmente.
La osservai, cercando di ricordare chi fosse ma,
anche se il suo viso sembrava familiare, non riuscii
a trovarla nella mia mente.
«Lei, chi è?», chiesi incuriosito.
«Sono tua zia Layla».
«Chi?»
«Hai capito benissimo!».
Dopo aver discusso qualche minuto fuori dal portone,
decidemmo di entrare in casa e continuare
con calma.
Era una signora sulla quarantina, con fare gentile,
anche se estremamente deciso. Nonostante non
fossi ancora certo della sua identità, fui portato a
credergli fin da subito.
«Dunque, immagino che tu voglia sapere come ho
fatto a rintracciarti, non è così?», mi disse.
«Beh…per iniziare basterebbe».
«Penso, invece, sia più importante parlare d’altro».
Le chiesi a cosa si riferisse.
«Hai gettato via il medaglione!», disse seccamente.
«Non avresti dovuto, ma si può rimediare».
«Ehi, aspetta…come fai a conoscere questa storia!
Chi sei veramente?», chiesi sorpreso.
«So molte cose. Direi di partire dal principio».
«Sono d’accordo».
La invitai ad essere molto precisa, senza tralasciare
alcun dettaglio.
«So tutto di quello che è successo a Budapest
con Boris, ed anche della metà del medaglione
che ti ha chiesto».
«Bene, allora risparmierò fiato», dissi scherzosamente.
«Immagino, invece, che tu abbia cose
davvero importanti da dirmi».
«Tuo nonno era mio padre!».
«Oh , questa sì che è bella…ed io, magari,
dovrei crederci!».
«Direi di sì», rispose non scomponendosi affatto.
«Centra, per caso…Marisa Turrito?», domandai.
«Naturalmente. Era mia madre!».
La storia mi sembrò davvero ai limiti del possibile.
La donna, però, continuava ad ispirarmi fiducia.

giovedì 3 maggio 2012

25 Abbandonato a sé stesso


Nel primo pomeriggio, terminata la riparazione
dell’auto, riprendemmo la ricerca del rustico.
Il giorno precedente, nell’imboccare la scorciatoia,
eravamo finiti in direzione opposta.
Lo trovammo dopo due ore e, con grande sorpresa,
ci apparì desolatamente abbandonato a sé
stesso.
«Deve essersi trasferito», disse Marco.
Sibilla, con occhi infuocati, non riuscì a trattenersi.
«Non avevi detto di aver contattato questa testa
vuota?».
«Sì, l’ho fatto».
«Quanto tempo fa?».
«Tre mesi».
«Cosa?», le urlò sgranando gli occhi, «Allora
le teste vuote sono due!».
Cercai di tirarmi fuori da quella discussione, e
chiesi di essere riportato a casa.
Lo sforzo impiegato in quella ricerca, amplificò
la nostra delusione. Piombammo, così, in
un profondo silenzio.

martedì 1 maggio 2012

24 Notte insonne


“Va bene, buonanotte”.
Rimasi tutta la notte seduto su di una poltrona al
fianco dei miei amici che, dopo aver tentato inutilmente
di riprendere la discussione, si addormentarono
pesantemente.
Io non riuscii a chiudere occhio.
La scena alla quale avevo assistito, mi aveva reso
davvero irrequieto.
Alle prime luci dell’alba, svegliai Marco.
«Che facciamo?», gli dissi sottovoce.
«Cosa vuoi che ne sappia? Sto ancora dormendo!».
«Siete due incoscienti; ho dovuto fare la guardia tutta
la notte!», li rimproverai severamente.
«Chi te l’ha fatto fare?», fu la risposta di Sibilla, che
nel frattempo aveva aperto gli occhi.
A quel punto intervenne Marco, che cercò di calmare
gli animi.
«Dunque, ora scendiamo al piano di sotto, facciamo
colazione, e telefoniamo nuovamente al meccanico».
La signora Mara, già sveglia, aveva preparato un profumatissimo
caffè che gustammo volentieri.
Un’ora dopo, arrivò il carro attrezzi che avrebbe
trasportato la nostra auto in officina. Salutammo
in fretta la famigliola e, pressati nella cabina del
camioncino, percorremmo alcuni chilometri.

meteo Città di Fermo